Ha parlato della “svolta” di Falcone e Borsellino nella lotta alle mafie
L’ex procuratore aggiunto di Palermo, Leonardo Agueci, è stato apprezzato ospite al convento dei Minimi del secondo appuntamento del Progetto “Giovani: sentinelle contro l’illegalità” promosso dall’istituto “Mazzone”, in sinergia con il Gruppo “Fraterno sostegno ad Agnese Borsellino” rappresentato in sala da Gabriella Tassone e “l’Osservatorio Veneto sul fenomeno mafioso”.
I lavori sono stati introdotti dalla dirigente scolastica Rosita Fiorenza che ha ripercorso la lunga carriera del magistrato, che si è occupato di criminalità organizzata prima a Roma (processo alla banda della Magliana) e dal 1992 a Palermo, come pubblico ministero dei principali processi di mafia tra cui gli omicidi di Mattarella, Reina e del piccolo Giuseppe Di Matteo, e come procuratore aggiunto nella Dda.
L’illustre ospite ha instaurato un dialogo coinvolgente con l’attenta platea, palesando la grande voglia di offrire loro un contributo nel testimoniare l’importanza della “legalità come un valore da incarnare e praticare nel quotidiano, opposto alla sopraffazione e prepotenza delle mafie” e ha parlato dell’opera svolta da Falcone e Borsellino, anche attraverso aneddoti personali, visto che ebbe odo di conoscerli, ed ha ripercorso le intuizioni e l’approccio innovativo del pool antimafia formatosi negli anni 80 con Rocco Chinnici e poi perfezionatosi con Falcone e Borsellino, nella lotta al fenomeno criminale, cominciando dal considerare i singoli episodi mafiosi come qualcosa di unitario confrontando le prove raccolte in ciascuna indagine un una visione più ampia.
“Falcone ha avuto anche il merito di abbattere il muro di diffidenza che c’era nelle istituzioni – ha rimarcato Aguesci – convogliando le risorse investigative dello Stato nell’azione antimafia. Riuscì in soli 6 mesi a far costruire l’aula bunker per il maxiprocesso, per dare una risposta anche visibile di questa nuova visione strategica”.
“Dopo le stragi del 1992 – ha evidenziato Gabriella Tassone – ci fu una rivoluzione: la società si rese conto che la criminalità organizzata era più vicina di quanto si pensasse e poteva colpire chiunque”.
Articolo di Stefania Parrone pubblicato su Gazzetta del Sud il 27 maggio 2018